CAPITOLO II


Savona entra nella Storia

“Genua” scontò con la distruzione la sua fedeltà a Roma – La partecipazione dei combattenti liguri alla battaglia di Zama – Annibale, per esortarli alla vittoria, disse: “Vi darò le grasse pianure d’Italia in luogo delle vostre sassose ed aspre montagne”.

Annibale

L’arrivo dei Cartaginesi in Liguria

Nel 205 a.C., Cartagine come ultimo aiuto ad Annibale, fece sbarcare in Liguria, dalle Baleari, il fratello Magone, con un nuovo esercito, di circa 15.000 uomini e 30 quinqueremi e altre navi da trasporto, che avrebbe dovuto suscitare una coalizione antiromana da parte dei Galli e dei Liguri di ponente.

Spedizione di Magone in Liguria per supportare il fratello Annibale.

La flotta cartaginese giunse di sorpresa: Genova fu saccheggiata e rasa al suolo, pagando così la sua fedeltà a Roma. Fu tanto selvaggia la distruzione della città che – se vogliamo dar credito ad una tradizione popolare – ne nacque una espressione ancora viva, dopo più di ventun secoli, nel linguaggio genovese e non solo: “Avei ô magôn” “Avere il magone”. Tito Livio, di quel giorno, scrive:

Magone, partendosi dalla minore isola delle Baleari, dove aveva svernato, ed imbarcata sopra la sua flotta gran moltitudine di giovani ivi raccolti, con trenta navi rostrate e altre da carico, passò in Italia e pose in terra dodicimila fanti e duemila cavalli; e nella repentina venuta sua prese Genova.

Tito Livio

Genova è risorta dalla sua distruzione, ma la memoria di Magone è rimasta e rimarrà nella tradizione.

Tornando a Tito Livio. Presa Genova…

Magone si accostò con l’armata alla riviera dei liguri alpini, se per ventura potesse farvi qualche movimento. Gli Ingauni – questa è una nazione di Liguri – facevano in quel tempo guerra con gli Epanteri, i quali abitavano in montagna. Avendo pertanto Magone lasciata la preda in Savona, terra delle Alpi e postovi a guardia dieci navi lunghe e rimandate le altre a Cartagine per difendere le sue maremme egli, essendosi confederato con gli Ingauni, dei quali stimava più l’amicizia, ordinò di combattere i montanari e ogni giorno gli cresceva l’esercito, correndo da ogni parte i galli alla fama del suo nome.

Tito LIvio

Magone, in realtà, con i Liguri ponentini fu ingenuo. Alleatisi ai Cartaginesi solo per conservare la propria indipendenza nei confronti dei romani, gli Ingauni non avevano affatto l’intenzione di dissanguarsi per la causa di Annibale. Gli Ingauni chiedevano anche appoggio contro i Montani ma soprattutto contro gli Epanteri – che abitavano l’alta Val Tanaro e Val Bormida – . Magone perse molto tempo per indurre i nemici a deporre le armi:

Certo

– dissero a Magone

noi combatteremo per il tuo illustre fratello, ma prima tu aiutaci a tener buoni gli Epanteri che ci infastidiscono

gli ingauni a magone

I Liguri mercenari

Magone, forte del suo esercito e da nuove truppe da Cartagine, ha l’ordine di congiungersi con il suo fratello Annibale. A Savona tenne una Assemblea di capi tribù Liguri e Galli . Chiese soccorso: i Galli, per paura di rappresaglie romane, accettarono solo di offrire il vettovagliamento (viveri). I Liguri aderirono alla richiesta di fornire uomini, ma domandarono due mesi di proroga e, alla prevista scadenza, inviarono piccoli nuclei di volontari mercenari al generale cartaginese.

Comportamento comprensibile da parte dei Liguri e dei Galli visto che nelle spedizioni dello stesso Magone nel 205 a.C., da Asdrubale nel 207 a.C. e da Annibale nel 218 a.C. , vennero arruolati nelle loro armate. Magone esasperato lascia la Liguria nella primavera del 203 a.C. per dirigersi in Val Padana. Qui avvenne lo scontro con i Romani, la Battaglia di Insubria – zona vicino a Milano del popolo degli Insubri, popolo che si alleò con Annibale in quel periodo della seconda guerra punica – , scontro sanguinoso e a lungo incerto.

Venne sconfitto dal pretore romano P. Quintilio Varo. Ferito tornò a Savona e si imbarcò per Cartagine ma morì al largo delle coste sarde, anche se la sua morte ha destato molte perplessità.

Cartagine in una ricostruzione grafica

Ma intanto, nell’Italia meridionale, Annibale era ormai stremato di forze e Scipione, il giovane, stava sbarcando in Africa con quattro legioni di veterani (203 a.C.).

resti di Cartagine

Genova, nello stesso anno, risorgerà più grande e forte di prima ad opera del Pretore Spurio Lucrezio.

Fine seconda guerra punica (218-202 a.C.)

Nel 202 a.C., prima della battaglia di Zama, Annibale , parlando ai Liguri che ancora facevano parte del suo esercito, disse per infiammarli alla lotta: “Vi darò le grasse pianure d’Italia, in luogo alle vostre sassose ed aspre montagne“.

Annibale e Scipione, trattative prime della Battaglia di Zama

Ma la promessa non poté essere mantenuta. Vinse Scipione, il giovane, e forse non infierì contro i Liguri prigionieri. Forse ricordò quel “servo di nazione ligure” che al Ticino aveva salvato la vita a suo padre.

Siamo così arrivati all’atto finale della seconda guerra punica.


Il conflitto Romano-Ligure continua

Nel 201 a.C. gli Ingauni, con un capolavoro di diplomazia, riuscirono a stabilire con gli ex nemici, mediante il console Publio Elio Peto, un “foedus” decennale che li garantì da immediate rappresaglie.

Diplomazia romana..

Roma risolveva, mediante il “foedus“, i rapporti con le nazioni soggette alla sua influenza. Si aveva un “foedus aequum” quando si stabiliva una alleanza a parità di condizioni (si presume che questo sia stato inizialmente il caso di Genova). Si avevano, viceversa, “foedera non aequa” allorché Roma imponeva una sorta di protettorato. Nella prima ipotesi sussisteva l’impegno reciproco di non attaccarsi, di non dare passaggio agli aggressori, di appoggiarsi reciprocamente con tutte le forze nelle guerre difensive. Nella seconda, lo stato federato si obbligava senz’altro a fare la guerra al fianco di Roma, rinunciando al diritto di battersi per conto proprio. Doveva fornire un contingente militare e offrire ostaggi, accettando la presenza di una guarnigione romana sul proprio territorio.

Carta della Liguria romana, l’antica Regio IX di età augustea, con la rete stradale

..in Liguria

Il “foedus” con Roma giovò ai liguri di Ponente per attenuare il risentimento romano, ma giovò anche ai romani per stabilire pacifici collegamenti via terra con Marsiglia e via mare con i nuovi possedimenti iberici. Diversa, purtroppo, la situazione dei liguri dell’appennino centrale e dei liguri apuani.

Alcuni dei primi ebbero il torto di partecipare, con i Galli della pianura padana, loro alleati, al comando di Amilcare, già luogotenente di Asdrubale o Magone che era rimasto in Gallia Cisalpina, all’eccidio di Piacenza (Placentia) saccheggiata nel 200 a.C. , che pur aveva resistito bravamente agli eserciti cartaginesi di Annibale e di Asdrubale.

La risposta di Roma

I Romani reagiscono e inviano nel 197 a.C. due eserciti consolari che con manovra a tenaglia attaccano i Gallo-Liguri: uno sotto la guida del console Caio Cornelio Cetego, lungo la via Flaminia si dirige contro i Galli Insubri e Cenomani; l’altro, al comando del console Quinto Minucio Rufo, da Genova attraverso il passo dei Giovi punta sui Liguri. Nell’azione si arrendono 15 oppida con 20.000 uomini. Nella sua marcia fulminea (ed agevole, perchè inaspettata) sono espugnati Castidium – o Clastidium – (Casteggio), Litibium (Retorbido), Libarna, Dertona, Iria (Voghera) e sono debellate le tribù dei Celelates (forse i Celini che nel 200 avevano conquistato Piacenza) e dei Cerdiciates. Sono sottomessi gli Ilvates, ultima popolazione che resisteva al di qua del Po.

Genova nel 197 a.C. viene collegata alla Via Postumia.

I Liguri Apuani non si lasciarono sorprendere. Consapevoli delle mire avversarie sul loro territorio, impegnarono contro Roma una delle più eroiche ed impari lotte a difesa della libertà che la storia ricordi.

Una pagina di Tito Livio dedicata ai Liguri Apuani

Erano, i Liguri, un nemico fatto apposta per temprare gli eserciti romani alla disciplina militare nell’intervallo tra l’una e l’altra delle grandi guerre. Nessun’altra provincia serviva di più a stimolare le virtù del soldato. In Asia lo splendore della città, l’abbondanza dei mezzi terrestri e marittimi, la mollezza del nemico e l’opulenza veramente regale, rendevano gli eserciti più ricchi che forti…In Liguria, invece, vi era tutto ciò che poteva rivingorire i combattenti: posizioni aspre e montane, difficili ad occuparsi da parte dei liguri stessi e difficilissime a conquistarsi quando erano già occupate; le strade scoscese, anguste, adatte alle imboscate; il nemico agile, veloce, improvviso, che non dava tregua e sicurezza in alcun luogo; la necessità di prendere di assalto castelli munitissimi, impresa difficile e pericola insieme; il paese povero, che abituava i combattenti alla parsimonia e non offrivache scarso bottino. Non v’erano servi, nè una lunga schiera di muli al seguito degli eserciti. Vi erano soltanto armi, ed uomini che nelle armi dovevano riporre ogni loro speranza.

tito livio, cronache

I Liguri Apuani non si erano rassegnati alla sconfitta, subita ad opera di Quinto Fabio Massimo, che li aveva costretti a lasciare la costa e a cercare rifugio nell’interno della val Magra, nella valle del Serchio e nei più ardui varchi montani. Nel 193 a.C. irrupero sul litorale e giunsero ad assediare Pisa che il console Q. Minucio Termo, sopraggiunto velocemente da Roma con due legioni, riuscì a stento a salvare dalla resa.


La Deportazione dei Liguri Apuani

La tenacia con cui gli Apuani combatterono senza arrendersi a Roma segnò il loro destino: ben quarantasettemila (47.000) capi famiglia furono strappati ai loro campi e alle loro case e costretti a trasferirsi con i propri congiunti nel Sannio, fino a Taurasia : un triste e lungo corteo di gente disperata.

Sconfitta Cartagine, Roma aiutò i liguri che le erano stati alleati e chiamò quelli nemici alla resa dei conti. Genova, rasa al suolo da Magone, venne ricostruita rapidamente, auspice il pretore Spurio Lucrezio, inviato dal Senato romano, prima della vittoria di Zama, per far risorgere dalle macerie la città e per presidiarla.

Il triste Destino di Savona

Savona scontò invece l’ospitalità offerta al fratello di Annibale e la leggenda della sua origine cartaginese. Secondo questa leggenda – ricordata nel 1300 da Pietro Gara – come già raccontato in articoli precedenti – “Savo” sarebbe stata fondata, da un capitano cartaginese detto “Preamar“, in funzione anti-romana, come base navale in Liguria.

Sconfitto e ucciso dai romani, Priamar sarebbe stato vendicato da un altro condottiero africano, il duce Sago. Che dopo aver riconquistato la base, l’avrebbe ampliata, dandole il suo nome e munendola di una nuova rocca sul mare. Ma i Romani tornarono, espugnarono il forte e ne rovinarono le torri “lasciandola intera”

– Racconta il Gara –

solamente una particella in modo di ricetto, a somiglianza di una terra senza castello, di che potessero ad ogni evento servirsi a comodo dell’armata. E sapendo i romani averlo i cartaginesi riedificato a dispetto e per vitupero loro, in tal modo il sminuirono e fecero che inoltre fosse nominato Sagona, per dispregiare in ciò col nome di femmina i nemici, i quali lo avevano oltremodo divulgato.

pietro gara

Roma non seppe mai perdonare Savona per aver accolto amichevolmente Magone. Il piccolo centro fu negletto, per molti secoli, soltanto nel Medio Evo riacquistò importanza e prestigio.

La storia dei Liguri continua…

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